martedì , 3 Dicembre 2024

Laparoscopia e Chirurgia Laparoscopica: la storia avvincente riferita dal Dr. Giancarlo Staniscia

Il collega Dr. Giancarlo Staniscia ha lavorato per me/noi fra una seduta di sala operatoria, una guardia notturna in ospedale, 6 ore di ambulatorio, una partita a tennis, una mega-macedonia arricchita col gelato… grazie di cuore.

Laparoscopia e Chirurgia Laparoscopica: la storia avvincente riferita dal Dr. Giancarlo StanisciaSenza dubbio il xx° secolo rappresenta una svolta epocale nella storia della Chirurgia perché come titolava con enfasi un quotidiano americano, nasceva la “seconda rivoluzione francese” e cioè il progetto di esplorare le cavità del nostro corpo senza laparatomia (senza effettuare incisioni sull’ addome), frase storica ed altisonante ideata in realtà da Philippe Mouret, chirurgo a Lione, quando nel 1987 ha eseguito la prima colecistectomia laparoscopica.

Iniziava la laparoscopia moderna, termine derivato dal greco lapara (addome) e (skopìa) guardo e cioè la possibilità di esplorare la cavità addominale senza incisioni; la chirurgia laparoscopica è detta anche “band aid surgery” (chirurgia del cerottino) o “key hole surgery” (chirurgia del buco della serratura) con l’obiettivo di realizzare interventi sovrapponibili alla chirurgia aperta tradizionale, rispettando al massimo l’integrità delle strutture anatomiche, riducendo il trauma chirurgico con vie di accesso minime (chirurgia mini-invasiva).
Questa tecnica consiste nel trasformare le grandi cavità pleurica ed addominale del corpo umano, in camere di lavoro adeguatamente ampliate per introdurre attraverso incisioni di 0.5 ed1 cm apposite cannule che danno passaggio a strumenti ottici, telecamere, pinze da presa, forbici, suturatrici meccaniche, coagulatori mono-bipolari, sacchetti di raccolta dei pezzi operatori (endo-bag).

La storia della chirurgia laparoscopica ha origini antiche ed è caratterizzata in epoca moderna da una costante integrazione di nuove tecnologie grazie ad importanti sforzi di collaborazione tra il mondo medico, scientifico e dell’industria per creare un nuovo armamentario chirurgico completamente diverso da quello tradizionale per un tipo di chirurgia sempre più richiesto dai pazienti stessi.

l’urlo (Skrik) di Edvard Munch (1893)

Negli USA il 95% delle colecistectomie si esegue con tecnica laparoscopica e non si ritiene etico da parte del medico proporre la tecnica “open” tradizionale.

Fu Abu Simbel, medico arabo vissuto dal 936 al 1013 d.C., ad utilizzare la luce solare riflessa per guardare dentro la vagina. Ma da allora bisogna giungere al 1800 per trovare altri progressi quali l’ introduzione della cistoscopia utilizzando l’effetto refrigerante dell’acqua introdotta in vescica che veniva a contatto con la sorgente luminosa calda. Nel 1901 George Kelling (1866-1945) usò il cistoscopio per esaminare la cavità peritoneale di un cane, insufflandovi aria filtrata con cotone sterile e coniò il termine di celioscopia (koilos, cavità) e (skopeo, guardo) per descrivere questa tecnica. Nel 1910 fu pubblicato da Hans Christian Jacobaeus, medico di Stoccolma, l’uso di questa tecnica per scopi diagnostici, visto che l’ esplorazione ottenuta e gli strumenti non consentivano alcun tipo di intervento; egli usò un cistoscopio ed un tre-quarti introdotti nel cavo peritoneale per esplorare il cavo addominale ma anche il cavo pleurico e pericardico. Nel 1912 il danese Severine Nordentoft (1866-1922) consigliò l’utilizzo della posizione di Trendelenburg (posizione del capo e del tronco declive rispetto al bacino ed agli arti inferiori) che consente all’intestino tenue di allocarsi nei quadranti superiori dell’addome e rendere visibili gli organi pelvici e viceversa, con la posizione di anti-Trendelenburg. Nel 1920 Orudoff ideò la punta affilata piramidale del trocar, strumento oggi in uso per perforare la parete addominale. Nel 1924 Stone ideò le guarnizioni in gomma per i trocar. Nel 1929 il medico epatologo tedesco Heinz Kalk, utilizzando esperienze anche di altri scienziati, realizzò un sistema di lenti che permetteva la visione obliqua a 135°, una scoperta fondamentale per lo sviluppo successivo di questa tecnica; egli pensò anche di utilizzare una seconda

Testut e Jacob, 1908 – porta e sue radici (sistema portale)

via di accesso per eseguire la biopsia epatica; per questi contributi scientifici fu gratificato con l’apertura della prima scuola di laparoscopia in Germania.Nel 1934 un ginecologo svizzero, R. Zollikofer utilizzò per primo la CO2 per indurre lo pneumoperitoneo (gas introdotto nella cavità peritoneale ) per creare la camera di lavoro sufficiente per permettere agli appositi strumenti di avere spazio per operare. Nel 1938 Goetz e più tardi Veress, chirurgo toracico, svilupparono un ago atraumatico con all’interno un otturatore che spinto da una molla, si retraeva durante il passaggio di quest’ultimo attraverso la fascia muscolare e quando invece l’ago entrava nella cavità peritoneale veniva spinto fuori a coprire l’ago per evitare di lesionare i visceri.

L’introduzione di un endoscopio attraverso la parete addominale fu già inizialmente associata ad un certo numero di complicanze dovute a lesioni vascolari ed intestinali, e poichè la laparoscopia era considerata una procedura condotta alla cieca, queste complicanze rallentarono comunque la diffusione di tale tecnica in Europa e negli USA. Questi problemi spinsero nel 1946 A. Decker a ideare una via pelvica alternativa, introducendo il laparoscopio nel cul di sacco retto-vaginale e chiamò questa procedura culdoscopia che del tutto recentemente è stata riutilizzata.

Nel 1944 il ginecologo parigino Raoul Palmer sottolineò l’importanza di monitorare la pressione intra-addominale; fino ad allora il gas veniva introdotto nella cavità addominale mediante siringhe; bisognò aspettare 20 anni perché il ginecologo tedesco di Kiel, Kurt Semm, un vero pioniere e precursore della laparoscopia dell’era moderna, sviluppò una macchina di insufflazione automatica che monitorava la pressione intra-addominale ed il flusso di gas. Intanto un’altra scoperta importante fu quella di un sistema di lenti in un tubo da parte del fisico inglese Hopkins, esperto in ottica; ciò migliorò radicalmente la luminosità e la chiarezza delle immagini. Agli inizi degli anni ’60, l’introduzione della sorgente luminosa fredda condotta da fibre ottiche, eliminò il rischio di ustioni all’intestino causate dalla sorgente luminosa incandescente; tale tipo di danni all’intestino erano causati anche dall’elettrocauterio unipolare e questi problemi stimolarono lo sviluppo degli anelli di Falloppio per la legatura delle tube, le graffe di Hulka e finalmente le pinze bipolari (pinze di Klepping) e successivamente Semm creò un nuovo sistema di conduzione del calore, la termocoagulazione, utilizzato per interventi di sterilizzazione, quindi l’uso di un laparoscopio con lente ad angolo che migliorava la visione delle strutture pelviche, le forbici ad uncino che ne ottimizzavano l’utilità ed “il mobilizzatore dell’utero”, un tubo di plastica che una volta inserito nel corpo uterino dalla vagina ne consente la sua mobilizzazione dall’esterno ed infine perfezionò l’ applicatore Endoloop (Ethicon) uno strumento disegnato per l’introduzione di una sutura pre-annodata all’interno della cavità addominale senza perdita della camera di lavoro offerta dallo pneumoperitoneo.
Nei primi anni di pelviscopia operativa, l’emostasi inadeguata spesso obbligava alla conversione in aperto della procedura e la comparsa del nodo di sutura già preparato, il nodo di Roeder e il perfezionamento, sempre da parte di Semm, di tecniche di legatura con nodi di sutura sia intra- che extra-corporee, insieme agli strumenti per preparare i nodi, risolse parzialmente questo problema; d’altra parte poiché le procedure chirurgiche che venivano tentate diventavano sempre più complesse divenne necessario ideare un sistema di irrigazione/aspirazione ad alto flusso di fluidi per evacuare coaguli e mantenere pulito il campo operatorio; molti altri stumenti, come porta-aghi, tre-quarti a forma di cono di pino, forbici miniaturizzate, applicatori di graffe vascolari e pinze traumatiche ed altri strumenti per il trattamento della gravidanza ectopica, per la sterilizzazione tubarica con endo-elettrocoagulazione, per la salpingotomia, la salpingolisi e l’ovariectomia.
Altre procedure laparoscopiche che il Prof. Kurt K. S. Semm (1927 – 2003) e la sua scuola tedesca di Kiel diffuse furono la lisi di adesioni omentali, l’anastomosi di anse

Testut e Jacob, 1908 – appendice 001

intestinali, la coagulazione di impianti di endometrio, la biopsia e la stadiazione di tumori endo-addominali, la riparazione di perforazioni uterine e le appendicectomie in elezione (cioè non in urgenza, programmate). Dopo questa enorme mole di esperienze Semm ideò il pelvitrainer un simulatore disegnato per insegnare ai chirurghi a diffondere l’impiego della tecnica laparoscopica basata sulla coordinazione mano-occhi e sul confezionamento dei nodi sia intra- che extra-corporei. Nel 1970 la scoperta della luce alogena sostituì la luce fredda negli endoscopi migliorando così la qualità e la nitidezza delle immagini, anche per le documentazioni fotografiche.
Intanto nel 1978 V. Hasson propose un metodo alternativo all’introduzione del primo tre-quarti nella cavità addominale, ancora causa di un 1% di lesioni viscerali e vascolari endo-addominali con il metodo trans-cutaneo: questa tecnica consentiva la visualizzazione diretta della cavità peritoneale prima dell’inserzione

trocars. A) monouso Ethicon Endo-Surgery, B) poliuso Karl Storz Endoscopy Am. Inc.

del primo trocar e la chiamò “laparoscopia aperta”conosciuta oggi anche come procedura che porta il suo nome: tecnica di Hasson.

L’osservazione dell’interno della cavità addominale era all’inizio ristretta al chirurgo operatore per cui la partecipazione degli aiuti ed assistenti era limitata e disagevole, poiché si utilizzava un sistema ottico ingombrante ed inefficace, costituito da specchi laterali connessi al laparoscopio.

Nel 1986 l’ invenzione di una telecamera computerizzata e miniaturizzata collegata al laparoscopio permise di superare questa difficoltà, segnando l’inizio dell’ era della chirurgia video-guidata; infatti da allora il trasferimento delle immagini laparoscopiche su monitor ha permesso di eseguire tecniche chirurgiche sempre più complesse permettendo ai collaboratori di partecipare in modo attivo ed ha facilitato la diffusione e l’insegnamento ai nuovi chirurghi e specializzandi mediante l’utilizzo di video-cassette di registrazione. Il contemporaneo rapido sviluppo raggiunto nel campo dell’immagine televisiva, ha portato alla introduzione di schermi televisivi ad alta risoluzione (più di 750 linee ogni 2.5 cm), che consentono non solo una maggiore chiarezza e definizione ma anche un aumento dell’ ingrandimento del campo operatorio, con il risultato di un vantaggio di una maggiore accuratezza nella tecnica chirurgica.

Per amore della cronaca: nel 1962, un chirurgo americano, George Bercy, in un ospedale sulla collina di Hollywood, realizzò per la prima volta il collegamento di una cinepresa con il laparoscopio, aprendo il campo alla video-laparoscopia.

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Un commento

  1. Carissimo Giancarlo, nel lontano novembre 1994, dopo la prima colecistectomia per via laparoscopica (VLC) eseguita dal compianto Prof. Alessandro Di Bartolomeo, in realtà da te e da un disponibile Collega marchigiano “guidata”, sei stato fra noi il più affidabile e diligente esecutore di tali interventi facendo molte esperienze, prezioso training, lontano dal nostro Ospedale. Intanto ci facevi da guida nelle simulazioni con la cassetta e gli strumenti nello studio di Franco e poi, severo e preciso tutor in sala operatoria.
    Ancora grazie, non solo per questo, ma anche per tante altre cose condivise nelle quali la tua esperienza e generosità hanno fatto la differenza; con affetto, stima ed un pizzico di nostalgia, stefano daddy.

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