Tavola rotonda: La democrazia nell’Atene del V° secolo.
Intervengono:
Tucidide (Θουκυδίδης, Atene, ca. 460 a.C. – dopo il 397 a.C.),
Erodoto (Ηρόδοτος, Alicarnasso, 484 a.C. – Thurii, Magna Grecia, 425 a.C.),
Eschilo (Αἰσχύλος, Eleusi, Attica occidentale, 525 a.C. – Gela di Caltanissetta, 456 a.C.),
Sofocle (Σοφοκλῆς, Colono, circoscrizione di Atene, 496 a.C. – Atene, 406 a.C.),
Euripide (Εὐριπίδης, Salamina, istmo di Corinto, 23 settembre 480 a.C. – Pella in Macedonia, 406 a.C.).
Moderatore Adelia Mancini.
Mod. Partiamo da due considerazioni. Nel preambolo della Costituzione Europea (la bozza è stata diffusa il 28 maggio del 2003) le parole del Pericle tucidideo sono così riportate: “La nostra costituzione è chiamata democrazia (δημοκρατία) perché il potere è nelle mani non di una minoranza ma del popolo intero”.
Più recentemente (La Repubblica, 5 marzo 2011) Gustavo Zagrebelsky ha scritto: “Dobbiamo prendere atto che la democrazia deve sempre fare i conti con la sua naturale tendenza alla riduzione del potere nelle mani di élites”.
Tucidide Quella traduzione del mio testo è una falsificazione, dettata non so se da reale ignoranza della mia lingua o, se la “bassezza” filologica, come la definisce uno dei miei più acuti studiosi, il vostro Luciano Canfora, sia a ragion veduta.
Quanto all’altra affermazione cercherò di addurre qualche considerazione.
Mod. Andiamo per ordine. Dov’è la manomissione del suo testo?
Tucidide Il tratto del discorso in cui il mio Pericle tesse l’elogio del nostro sistema politico all’interno
dell’Epitafio (επιτάφιος) per i morti del primo anno della trentennale tragica guerra del Peloponneso, nella vostra lingua deve intendersi così: “La parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico è democrazia per il fatto che nell’amministrazione esso si qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza”. Plèthos, infatti, indica la maggioranza, non il popolo intero.
Mod. Singolare democrazia questa. Cosa si deve intendere per maggioranza?
Tucidide: Pòlis (la città) è l’insieme dei polìtai (cittadini) che sono anche politeuòmenoi (esercenti la cittadinanza). A possedere la cittadinanza non sono tutti. Anzi sono relativamente pochi. Sono i maschi adulti (ovvero in età militare), figli di padre e madre ateniesi e quindi liberi di nascita.
Mod. Ma, scusi, in una città come Atene dedita ai commerci e aperta ai contatti con il mondo esterno, quanti saranno stati i “purosangue”, per così dire?
Tucidide Il cittadino si identifica con il guerriero e la principale funzione del maschio libero è quella della guerra. Per lungo tempo il cittadino-guerriero si identifica con quella del possidente perché deve armarsi a proprie spese. Ma al tempo della guerra contro i Persiani viene arruolato un nuovo gruppo sociale al quale non si richiede di “armarsi da sé”, ma è indispensabile per il remeggio della nuova flotta. E’ così che la cittadinanza viene allargata ai non possidenti (i teti della costituzione soloniana) che conseguono la dignità di cittadini-guerrieri. Né si deve dimenticare che tanto la collocazione marittima della comunità quanto l’impegno commerciale politico in direzione del mare sono “fattori che favoriscono la nascita della democrazia”.
Mod. C’è un luogo importantissimo delle Storie di Erodoto in cui si apre un dibattito sulle istituzioni dopo che Otane e altri sei nobili persiani riescono a detronizzare il falso Smerdi. I Sette (siamo nel 522 a.C.) si confrontano per decidere quale regime possa riuscire migliore per la Persia. Otane propende per una forma di democrazia, Megabizo suggerisce una struttura di tipo oligarchico e Dario consiglia di conservare lo statuto monarchico. Sappiamo che è stato Dario a ottenere la maggioranza e, con un trucco, a farsi nominare re.
Tucidide Il termine “democrazia” non è stato usato dal mio illustre collega!
Erodoto Otane consigliava di deporre il potere monarchico dicendo così: “Mi sembra opportuno che mai più un solo uomo divenga nostro monarca. Non è cosa né piacevole né bella (…). Anche il migliore degli uomini, una volta innalzato alla monarchia, muterebbe dai suoi pensieri consueti. Poiché se l’arroganza gli nasce dai suoi beni presenti, l’invidia nell’uomo è innata. Possedendo dunque le due cose, possiede ogni malvagità, compie molte scelleratezze saturo di arroganza, altre saturo di invidia (…).
Ora dirò la cosa più grave: sovverte le usanze patrie violenta le donne e manda a morte senza giudizio. Al contrario, la moltitudine (pléthos) che governa ha in primo luogo il nome più bello di tutti, isonomia; in secondo luogo non fa nulla di quanto fa il monarca. Le cariche sono esercitate a sorte; chi ha una carica deve renderne conto; tutte le decisioni sono prese in comune. Propongo quindi che noi, abbandonando la monarchia, glorifichiamo la moltitudine: nel molto infatti si trova ogni cosa”.
E aggiungo che Demarato, quando Serse giudica elemento di debolezza per i Greci la libertà che vige fra di
essi, non esita a rivendicare il valore della libertà che nasce dall’obbedienza alle leggi:
“Essi, pur essendo liberi, non sono liberi del tutto: sovrasta loro infatti sovrana la legge. A cui essi obbediscono molto più di quanto i tuoi obbediscono a te (…).
Mod. Nobilissime parole, Tucidide, e nobilissima lezione! Il valore della legge come fondamento della libertà politica e civile, grazie alla corrispondenza di essa alla coscienza del popolo, risalta nella contrapposizione alla cieca sottomissione al dispotismo caratteristico dei Persiani. Eschilo al coro dei Persiani che risponde a una domanda della regina Atossa, madre di Serse, fa dire degli Ateniesi: “Non sono servi di nessuno e a nessuno obbediscono”.
Euripide Nella mia Medea la nutrice tesse l’elogio dell’uguaglianza, ordine del mondo fisico come sociale:
“Terribili sono i valori dei prìncipi,
i quali poco ubbidiscono e molto comandano,
e difficilmente depongono l’ira.
Essere abituati a vivere secondo uguaglianza
è meglio (…)”.
Tucidide Non nego questo. Ma si deve convenire che la mia dissertazione è di gran lunga meglio argomentata. Caratteristiche del sistema democratico sono:
1) l’uguaglianza dei cittadini nella vita privata;
2) la preminenza assoluta dei meriti personali nell’assegnazione delle cariche pubbliche.
“Quanto alla reputazione personale, secondo che ciascuno si distingue in qualche campo, viene preferito per le cariche pubbliche, non sulla base della classe sociale.
Di contro se si considera il caso di un cittadino povero, ma capace di operare un ufficio utile allo Stato, non gli sarà d’impedimento la modestia della sua condizione”.
Euripide Nella mia tragedia Le Supplici, Teseo dice all’araldo:
“Le tue parole iniziano nel falso,
o straniero, se cerchi qui un Signore.
Questa città è libera, non è
il dominio di un uomo; tutto il popolo
esercita il governo con vicenda
annuale, né i ricchi hanno il potere
una parte uguale spetta pure ai poveri”.
Tucidide Da uomini liberi viviamo come cittadini nei rapporti con la comunità né siamo soliti improntare a reciproci sospetti i rapporti quotidiani.
Mod. Mi pare di capire che nella democrazia ateniese la sfera privata viene distinta nettamente da quella statale e lo Stato evita il più possibile di intromettersi, lasciando a ogni cittadino la libertà di strutturare la sua vita a proprio piacere.
Tucidide Certo, ma la tolleranza implica rispetto assoluto delle leggi. Infatti, pur trattando gli affari privati con tolleranza, negli affari pubblici abbiamo un grandissimo timore di violare la legge, perché noi obbediamo a quelli che di volta in volta sono al potere e alle leggi, specialmente a quante di esse sono state promulgate a tutela delle vittime dell’ingiustizia e a quelle che, pur non essendo scritte, comportano per i trasgressori un disonore riconosciuto da tutti.
Eschilo Su questo colle Reverenza e Paura impediranno ai cittadini di fare offesa a Giustizia, quando non vogliano essi stessi sovvertire la legge (…) Né anarchia né despotismo: questa è la regola che ai cittadini amanti della patria consiglio di osservare (…). Incorruttibile al lucro io voglio questo Consiglio e rispettoso del giusto; inflessibile e pronto, vigile sentinella che se anche gli altri dormono, è desta”.
Questo il messaggio della dea Atena nella mia tragedia Eumenidi, quando istituisce il tribunale dell’Aeropago.
Mod. E’ noto anche il passo dell’Antigone di Sofocle in cui la protagonista giustifica la sepoltura del fratello da lei compiuto contro il divieto di Creonte, proclamando la superiorità e l’inviolabilità delle leggi di natura che nessun mortale può trasgredire anche se ha il potere supremo.
Sofocle Attenta! Io intendo una legge universale, laddove l’illustre storico mi pare pensi soltanto a un nomima. Leggete, infatti, la prima strofe del secondo stasimo del mio Edipo re.
“Deh, mi conceda fortuna purità e santità in tutto ciò ch’io dico, in tutto ciò ch’io faccio. Presiedono a questo, leggi dall’alto, nell’etere uranio create. Il padre Olimpo, lui solo, le generò e non mortale natura di umani; e tali che oblio non potrà mai assopirli perché un grande iddio è in loro, da vecchiezza immune”.
Mod. Consideriamo ora un altro aspetto. Gli Ateniesi rivelano specifica attitudine a esplicare attività private e pubbliche e partecipano attivamente alla vita dello stato.
Tucidide In noi è connaturata nella stessa persona la cura degli affari privati e contemporaneamente di quelli pubblici e, mentre siamo volti chi ad una chi ad un’altra attività, è connaturato avere una notevole conoscenza dei problemi politici. Noi siamo i soli a considerare colui che non prende parte a nessuno di questi affari pubblici non un cittadino tranquillo ma un buono a nulla (apràgmona) e noi direttamente o prendiamo decisioni o riflettiamo adeguatamente sui problemi, poiché non riteniamo le parole un danno per l’azione, ma riteniamo che sia un danno il non essere informati attraverso la discussione prima di giungere con l’esecuzione a ciò che è necessario.
Mod. Per gli Ateniesi l’invito dell’araldo: “Chi vuole la parola?” che si rivolge allo stesso modo a tutti i cittadini è non solo il vessillo della democrazia, ma anche la peculiarità di un sistema educativo per il quale ogni cittadino è in grado di dedicarsi alla sua professione privata e appropriarsi nel contempo dell’intelligenza politica sufficiente a dare opportuni consigli nell’assemblea popolare o almeno, a formare un giudizio personale sulle proposte presentate da altrui.
Tucidide Gli Ateniesi sono i soli quando abbiano progettato qualcosa a identificare pensiero e speranze, tanto rapidamente intraprendono ciò che hanno deciso. Anche in questo siamo superiori, così che noi nel medesimo tempo sappiamo essere audacissimi nell’azione e riflettere attentamente sulle imprese che ci proponiamo di compiere.
Mod. Nella vostra “democrazia diretta” la volontà del popolo è illuminata, guidata e soprattutto frenata da una personalità d’eccezione.
E’ una democrazia fra i cui pregi dobbiamo vedere l’osservanza del principio per il quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, ma nella vita politica i meritevoli debbono eccellere e dominare. Principio “aristocratico” che i “democratici puri” non avrebbero mai accettato.
Tucidide E’ così! “Pericle, con la potenza dovuta al suo prestigio e al suo talento e con la sua riconosciuta incorruttibilità teneva in pugno, pur nella libertà, la massa e non era trascinato da essa più di quanto fosse lui a trascinarla. Non avendo il suo potere origini illegittime, egli non parlava per lusingare, ma grazie al suo prestigio, poteva anche parlare opponendosi duramente.
Ogni volta che si accorgeva che i cittadini agivano inopportunamente con temeraria baldanza, con le sue parole li riduceva alla cautela e, per contro, quando essi si dimostravano irragionevolmente timorosi li riportava alla fiducia in se stessi. Formalmente era democrazia, di fatto governo del primo uomo (protos anèr).
Coloro che vennero dopo invece, essendo di pari valore tra loro e, aspirando a essere ciascuno il primo, si diedero ad abbandonare al capriccio del popolo anche gli affari politici”.
Mod. Ideale politico sì di una democrazia in quanto vi si afferma l’uguaglianza delle leggi e la libertà dei cittadini, ma una democrazia immune dai pericoli della demagogia e dell’incontrollato potere della massa, una democrazia corretta dalla prassi aristocratica del governo dei “migliori”.
Mi sembra piuttosto il primo delinearsi dell’ideale dello “stato misto”, forma di governo intermedio fra aristocrazia e democrazia, di cui un precedente un po’ vago si può riconoscere nel programma politico di Solone, si ritroverà accennato in Isocrate, esplicitamente
affermato da Aristotele.
A Lei le conclusioni, Tucidide.
Tucidide Non si può negare che la costituzione, dovuta a Teràmene, della forma di governo instaurata ad Atene nell’autunno del 411, alla caduta del governo oligarchico dei Quattrocento, sancisce la “giusta mescolanza di oligarchia e di democrazia”.
Concludo con le parole del siracusano Atenagora:
“Io dico anzitutto che popolo significa totalità e oligarchia invece parte; poi, che i ricchi sono i migliori amministratori delle finanze, che gli uomini intelligenti danno i migliori consigli e che la massa, dopo averli ascoltati, prende le decisioni migliori e che in una democrazia questi elementi hanno uguale parte sia singolarmente sia nel loro complesso.
L’oligarchia invece fa condividere sì al popolo i pericoli, ma, quanto ai vantaggi, non soltanto prende per sé di più, ma addirittura si prende e si tiene tutto.
Mod. Polemizzando indirettamente con Erodoto, Tucidide definisce la propria opera un “bene durevole”.
“La mia storia, mai indulgente al fiabesco, suonerà forse scabra all’orecchio: basterà che stimino la mia opera utile quanti vogliono penetrare il reale senso delle vicende, di quelle già avvenute e di quelle che, somiglianti e affini per la loro qualità di fatti umani, si potranno ancora attuare in un tempo futuro.
Possesso per ogni tempo piuttosto che récital destinato all’uditorio del momento”.
Ktema (possesso) non è solo una metafora, ma conserva il suo significato di “proprietà” in senso concreto, riferibile a un qualsiasi oggetto il cui possesso sia duraturo e inalienabile.
Non si tratta di una primitiva applicazione della formua historia magistra vitae perchè Tucidide non pensa di dare ai suoi lettori la sicurezza della previsione politica, nè di fornire una regola secondo cui decidere nel caso concreto. Piuttosto nel corso del suo lavoro si è formata in lui la conoscenza di leggi e forze che l’occhio indagatore torna di volta in volta a scoprire nella varietà e nella molteplicità degli avvenimenti.
Secondo Albin Lesky (Graz, 7 luglio 1896 – Innsbruck, 28 febbraio 1981) “chi possiede questa conoscenza non dispone certo di precise indicazioni sul modo di agire in politica, ma ha acquistato la capacità di afferrare determinate situazioni in ogni singolo caso futuro, di comprendere il gioco delle forze e di prendere con preveggenza le sue decisioni”.
Ordunque, in un tempo buio per la democrazia, in un tempo in cui, pare, si sta preparando la condanna dello studio della lingua e della cultura greca, è parso “utile” proporre in questo virtuale, quanto improbabile confronto, una riflessione che opponga alla fuggevole “performance” la durevole esistenza del classico, correndo ovviamente il rischio dell’impopolarità.
Grazie di cuore, Professoressa, per questa splendida tavola rotonda virtuale dove parole tipo democrazia, cittadino, responsabilità, compiti e doveri, rispetto, privacy (riservatezza) affiorano prepotentemente con una attualità in realtà vissuta, dopo 2.500 anni, soltanto da una bassa percentuale di Popoli.
Grandi Maestri, splendide personalità ed applicazione pratica di teorie nobili, “moderne”. Grande lezioni per noi tutti e soprattutto per i giovani che devono apprezzare ed amare l’intelligenza della cultura e l’appropriatezza delle applicazioni.
Il blog invia alla Professoressa Mancini tutta la stima e l’affetto di chi apprezza la Sua grande professionalità, cultura, empatia ed umanità (fonte: numerose testimonianze durante 43 anni di didattica e quella personale di daddy).
Sono stato alunno della Professoressa Mancini e questa lettura mi ha fatto riconsiderare con piacere nozioni e riflessioni di qualche anno fa, epoca del mio liceo.
Atene, principale città-stato dell’antica Grecia, ha rappresentato un eccezionale esempio di “laboratorio politico”, avendo sperimentato, nell’arco di appena due secoli, molti dei sistemi di governo allora concepibili:
democrazia con Solone e Clistene,
tirannia con Pisistrato,
leadership illuminata di Pericle,
oligarchia con i Quattrocento.
Ovviamente, la democrazia cui si fa riferimento ha, rispetto alle sue forme moderne, limiti non trascurabili quali l’esclusione delle donne dalla vita politica ed una classificazione plutocratica per gli uomini.
Erodoto e Tucidide sono entrambi storiografi, tuttavia le loro opere sono distanziate da una fondamentale differenza metodologica: Erodoto non disdegna parentesi narrative di contenuto leggendario-mitologico; per darne un’idea immediata, penso ad una sorta di “romanziere” della storia.
Tucidide, invece, osserva la storia con l’occhio di uno scienziato (quasi) moderno, cercando le prove quanto più dirette possibile di ciò che scrive. Anche se conosciuto oggi esclusivamente in ambito medico, egli introduce nella storiografia il concetto di “autopsia”, ossia del vedere ed accertare le cose in prima persona ogniqualvolta sia possibile. Tucidide cerca di studiare, per poi suggerirli ai lettori, i meccanismi storico-sociali che riscontra nella dinamica delle vicende umane. La sua opera non vuole fornire soltanto un resoconto dei fatti passati (peraltro non arricchito da fronzoli letterari, in polemica con Erodoto), ma anche una chiave di lettura utile nel presente. Egli non autorizza mai il lettore a pensare che, grazie alla conoscenza del passato, si possa operare una preveggenza sul futuro. Simpaticamente direi che egli non vuole far la figura della Cassandra della storia ancora non scritta! Il suo intento sembra invece essere quello di mettere a disposizione elementi utili per gli uomini che, nel contesto di una polis da mantenere prospera, sono chiamati a prendere decisioni a riguardo; il loro giudizio potrebbe così divenire più consapevole ed efficace per l’avvenire.
Spero che queste parole non risentano troppo degli anni universitari…
Ai ragazzi che oggi si trovano ad avere tra le mani un libro di Storia vorrei consigliare di guardare questa materia con spirito diverso da quello che troppe volte la riduce ad un ammasso globulare di nomi e date. Ho avuto la fortuna di incontrare, durante gli anni di scuola, docenti in grado di farmi percepire la Storia come un fenomeno di evoluzione secondo principi di causa-effetto sui quali si può ragionare approfonditamente. In questo modo non è più necessario fare mille sforzi per fissarne le nozioni. Lo studio della Storia, credetemi, sa essere anche molto gradevole ed utile.
Un saluto, con molto affetto e gratitudine, alla Professoressa Mancini.
Daddy è sicuramente il termine più appropriato per questo commento allo splendido articolo della Professoressa Adelia Mancini: l’autore è mio figlio!
In passato avevo già inserito nel blog l’altro mio ragazzo, in occasione dei suoi 18 anni, al link:
https://www.daddydoctorgym.com/daddy-per-riflettere-o-sorridere/a-mio-figlio-p…l-suo-18°-anno-2675.html