giovedì , 21 Novembre 2024

Olio di oliva: una “chicca” dalla esperienza della Dr.ssa Assunta Carnevale

La leggenda dell’olivo.ulivo2

Si narra che Zeus, per porre fine ad una contesa fra Atena e Poseidone per il dominio dell’Attica, promise la terra in premio a chi dei due

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avesse presentato il regalo più utile. Poseidone propose un cavallo, Atena creò l’albero dell’olivo. L’olio di oliva si dimostrò un “alimento” importante per gli uomini, una “sostanza medicamentosa”, una “fonte di luce”. Fu così che Zeus decretò la vittoria di Atena.

La coltura dell’olivo risale a circa 6000 anni fa, quando i Fenici, considerati i più esperti navigatori e i più abili commercianti, ebbero il merito di aver esportato, a partire dal secondo millennio a.C., l’olivo dal Libano, loro terra di origine, nei paesi rivieraschi del Mediterraneo, facendone conoscere i pregi ai popoli con cui ebbero rapporti commerciali. Altre fonti invece attribuiscono ai Greci il merito di averlo fatto conoscere al popolo dell’Etruria.
I Romani all’origine condivano i cibi con grasso di maiale, lo strutto, che i più raffinati sostituivano spesso con il grasso di fagiano. Con la diffusione della coltura dell’olivo l’olio divenne l’ingrediente grasso maggiormente usato, anche nella cucina romana.

Costituenti dell’olio di oliva:
per il 98-99% è costituito da trigliceridi, ma tale percentuale può variare a seconda delle zone di provenienza, della relativa qualità delle olive e del modo di preparazione e manipolazione, per lo 0.5-1.4% da idrocarburi (squalene); fitosteroli, vitamine liposolubili e tocoferoli ad azione antiossidante; inoltre mentre i pigmenti come la clorofilla favoriscono i processi ossidativi, i caroteni e i polifenoli sollecitano un’azione opposta, antiossidante.

La composizione in acidi grassi varia in base alla varietà dell’olivo (20%), al suo grado di maturazione (30%), ai sistemi di estrazione (30%), ai modi e ai tempi di conservazione (10%), ai metodi di raccolta (5%), ai mezzi di trasporto utilizzati (5%), al clima che in particolare cambia la composizione percentuale dei 3 acidi grassi più rappresentati: oleico, linoleico, palmitico.
In un buon prodotto l’acido oleico non dovrebbe essere inferiore al 73%, l’acido linoleico non dovrebbe essere superiore al 10%.

Coefficiente di digeribilità di alcuni olii:
d’oliva 100 (il più elevato di tutti), di girasole 83, di arachide 81, di mais 36.

L’olio di oliva è anche il grasso migliore da utilizzare per la frittura, in quanto ha un elevato punto di fumo che corrisponde alla temperatura alla quale i grassi, se sottoposti a prolungata cottura a secco, producono fumo appunto ed alla quale corrisponde una trasformazione della natura chimica del grasso che dà luogo a trigliceridi (utile al riguardo una pausa sul blog del mio Amico Pasquale).
Essi derivano dalla disidratazione del glicerolo che dà origine all’acroleina, sostanza pungente ed epatotossica. Per tale motivo è sconsigliato friggere più volte con lo stesso olio.

Le caratteristiche organolettiche e fisiche dell’olio di oliva raggiungono l’optimum dopo 3-6 mesi di maturazione e decadono dopo il secondo anno di produzione.

C’è una domanda che ha incuriosito gli Epidemiologi che si sono cimentati nello studio delle abitudini alimentari dei paesi mediterranei: come spiegare l’ottimo stato di salute di queste popolazioni, nonostante un introito giornaliero di grassi che arrivava a coprire oltre il 40% del fabbisogno energetico giornaliero?

Del resto un apporto di grassi così consistente è stato riscontrato anche in Finlandia, in cui si registrava però il non invidiabile primato nella massima frequenza di malattia coronarica. Cosa significa allora quel 40%?

In un’alimentazione corretta la quota calorica (ad es. 2000 kcal) deve essere ripartita tra i 3 macro- nutrienti (protidi, lipidi e glucidi), in percentuali tali da proteggere e garantire i diversi metabolismi, nel seguente modo: proteine 15-20%; lipidi 30%; carboidrati 50-60%.
Ben presto si è evidenziato come nella percentuale del 40%, oltre alla quantità, risultasse determinante anche la qualità e la tipologia dei grassi.

La caratteristica comune della maggior parte della popolazione del Mediterraneo è rappresentata dal largo consumo di olio di oliva (che può superare il 40% della quota calorica totale), come fonte principale di grassi. Viene utilizzato anche per rimpiazzare i grassi saturi animali, derivati dal consumo di prodotti caseari e carnei più tipici delle culture dell’Europa del nord.
I grassi saturi ed il colesterolo alimentare, di provenienza esclusivamente animale, tendono a far aumentare i livelli di colesterolo nel sangue; gli olii polinsaturi, contenuti negli olii vegetali e in quelli di pesce, non contengono colesterolo e tendono invece a ridurlo, mentre i grassi monoinsaturi, come l’olio di oliva, mostrano un effetto neutro.

Un adeguato apporto di grassi monoinsaturi e polinsaturi appare quindi cruciale per una corretta alimentazione. L’olio di oliva, ricco di grassi monoinsaturi (ac. oleico), è meno ricco di grassi polinsaturi, specialmente quelli della serie omega 3, che invece sono presenti nei pesci ed in alcuni vegetali, come colza, lino, soia, arachidi.

Gli olii vegetali costituiscono una fonte importante di tocoferoli nella dieta: l’olio di oliva contiene circa 12 mg di alfa-tocoferolo (Vit. E) ogni 100 gr. di olio. In un quantitativo pari a 50 gr. die (2-3 cucchiai da tavola a pasto) può riuscire a coprire circa la metà del fabbisogno quotidiano, che corrisponde a 15-30 mg. die. Il connubio che si verifica in una dieta ricca di grassi monoinsaturi e una discreta quantità di vit E può contribuire alla protezione nei riguardi dell’aterosclerosi.

Dal punto di vista della bontà sanitaria, gli acidi grassi monoinsaturi in esso contenuti, ed in minor misura anche quelli polinsaturi,

Testut e Jacob, 1906 – il cuore

riducono la concentrazione di colesterolo totale, senza alterare il colesterolo HDL: i grassi monoinsaturi e gli antiossidanti naturali (polifenoli), contenuti nell’olio extra-vergine di oliva, aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e l’infarto.

Alcuni studi hanno evidenziato inoltre come essi abbiano un effetto protettivo sul tumore al seno, aiutino a tenere bassa la pressione arteriosa e possano rallentare il declino delle capacità cognitive nelle persone anziane.

Alcuni ricercatori francesi di Lione hanno confrontato gli effetti cardiovascolari di due differenti tipi di diete, in soggetti reduci da un infarto del miocardio.
Il gruppo sperimentale, composto da 302 soggetti, ha seguito una dieta di tipo mediterraneo: con una percentuale di grassi totali inferiore al 35%, di grassi saturi inferiore al 10%, di grassi monoinsaturi maggiore del 10%, di acido linoleico (omega 6) inferiore al 4%,
di ac. linolenico (omega 3) superiore allo 0,6%. Al gruppo di riferimento sono state date, invece, sei raccomandazioni:più pane, più vegetali e legumi, più pesce, meno carne rossa (bovina, ovina, suina) e più pollame, nessun giorno senza frutta, non più burro, creme e margarine.Dopo appena 2 mesi le curve di mortalità dei 2 gruppi hanno iniziato a divaricare a favore del gruppo con dieta mediterranea, rispetto al gruppo che seguiva le indicazioni standard (più polinsaturi della serie omega 3 e riduzione dei grassi saturi). Dopo 46 mesi di osservazione la dieta mediterranea ha prodotto una riduzione sostanziosa della mortalità (del 70%).

Il 17 novembre 2010, l’UNESCO ha dichiarato la “dieta mediterranea” patrimonio immateriale universale dell’umanità.

La sola riduzione dei grassi saturi (grassi di derivazione animale, quali burro, uova, carni, formaggi) e l’incremento dei polinsaturi (più pesce e olio di mais, girasole, arachide) non hanno avuto una risposta importante: infatti l’acido grasso polinsaturo, l’acido linoleico, contenuto in olio di mais e girasole, può avere effetti di ossidazione per le LDL, promuovere l’alterosclerosi e aumentare l’aggregazione piastrinica.
L’acido linolenico (omega 3) è presente in quantità ridotta negli alimenti più comuni, fatta eccezione per alcuni tipi di olii (colza, soia, lino), semi di arachide, frutta secca (noci, mandorle).Quindi lo studio ha dimostrato che la dieta mediterranea del tipo cretese, anche se adattata ad una popolazione occidentale, protegge il cuore molto di più di quella raccomandata nel post-infarto, caratterizzata da una forte riduzione di grassi saturi e da un incremento dei grassi polinsaturi. Quindi: non è solo questione di grassi !!!!.
Diventa pertanto auspicabile che il tipo di raccomandazione suddetto debba essere esteso alla popolazione intera.

La patologia umana, per il passato prevalentemente di origine microbica, è diventata oggi soprattutto radicalica, racchiudendo in sé patologie come l’alterosclerosi ed il cancro.
Alcuni comportamenti alimentari quali l’eccesso calorico, le diete carenti di aminoacidi essenziali, l’insufficiente apporto di vitamine o oligoelementi, coinvolti nelle reazioni enzimatiche antiossidanti, possono provocare un aumento dello stress ossidativo.

Con un elevato consumo di alimenti che contengono antiossidanti naturali, quali cereali, frutta, verdura ed olio di oliva, si accompagna una riduzione del rischio di contrarre queste malattie.

Antiossidanti naturali (alfa e beta carotene, licopene, luteina, acido ascorbico, tocoferoli, flavonoli, flavoni, antocianine, catechine, tannini) limonoidi, tiocianati, monoterpeni, xantofilline frenano l’ossidazione dei grassi.

Nella dieta mediterranea i vari componenti sono posti in modo tale da evidenziare come con l’uso dell’olio di oliva si faciliti il consumo di quantità apprezzabili di vegetali e legumi.

Alla luce della occidentalizzazione i modelli delle regioni esaminate possono ancora essere considerati protettivi per la salute. Paradossale il fatto che l’Italia, visto dagli altri Paesi del mondo come il modello della dieta mediterranea, il cui patrimonio culinario ha fatto scuola nel mondo per la diffusione costante della pasta e del pane, nel giro di un ventennio (1965-‘85) abbia ridotto il consumo di

Edouard Manet – Bar aux Folies Bergère (part.)

pane e pasta, vedendo nello stesso periodo un aumento del consumo di carni e formaggi. Contemporaneamente c’è però stato un incremento nel consumo di legumi e vegetali, frutta, pesce, e oli vegetali; associato ad un lieve decremento nei confronti di uova, burro, zuccheri semplici ed alcool (fonte: dati ISTAT 1995).

Nonostante alcuni comportamenti all’interno della propria dieta i Paesi mediterranei sembrano per adesso, ancora favoriti. Anche il ruolo protettivo svolto dalla miriade di sostanze di origine vegetale presenti nei vegetali freschi, nell’olio di oliva, nei cereali, nel vino, potrebbe rappresentare la chiave di lettura che ci vede ai primi posti come aspettativa di vita.

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2 commenti

  1. Dopo gli splendidi articoli sull’Educazione Alimentare ed il ruolo della Dieta nella Menopausa, la mia cara Amica Assunta (Susy) si è riproposta con questo regalo culturale da me chiamato “chicca”, perchè prezioso regalo, “dolce” e suadente nell’esposizione chiarissima, quasi un’invocazione a seguire dettami salutari provenienti da una voce esperta, chiara, quasi affettuosa. Per chi ha orecchie…
    Grazie, con affetto, daddy.

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