3 luglio 2011: 40 anni dalla morte del grande Artista.
“…dopo il proprio sangue, la cosa migliore che un uomo possa dare di sè è una lacrima…”
Ritengo che dare il sangue per Jim (James Douglas) sia il “generoso dono” di una siringa e di ciò che rimane dentro la stessa: testimonianza e prova di complice amicizia, lo “scambio” di…, condivisione emotiva, ma perversa e scellerata agli occhi di molti.
Credo invece che la parola “lacrima” che ricorre più volte nelle sue poesie, voglia significare l’espressione visibile, talora da camuffare per pudore o franca vergogna, dell’esperienza della fragilità e del dolore umano che spingono le risorse a vivere comunque, fino a che si avrà la forza di “rialzarsi dopo la caduta”. Alla fine però il messaggio mancherà della necessaria forza di risorgere…
Di cadute “dal fondo del bicchiere” e da “dentro la siringa” ce ne sono state molte, pur sapendo che là dentro non abitava la felicità o l’alchimia risolutiva: questa era per lui da ricercare “solo nel cuore di chi ti ama”.
Ma Jim non ha avuto amore, devo ritenere, o non lo ha trovato e se anche lo avesse incontrato, non aveva occhi e mente lucidi per riconoscerlo: il suo gesto estremo dei primi di luglio del ’71, è stato un segnale di solitudine non urlata, annunciata dal messaggio:
“…non diventerò vecchio: io sono come una stella cadente…”
E’ questa la silenziosa testimonianza di un gravissimo disagio di sentimenti, dove la verità era lontana, poi cancellata o distorta da un cammino di ricerca in una desolante oscurità voluta, abitata da allucinazioni e messaggi d’amore semplici, quasi infantili e fragili, come la sua forza contro il male oscuro.
“…c’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo”.
“Alcuni dicono che la pioggia sia brutta, ma non sanno che permette di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime”.
“…se tu fossi una lacrima, io non piangerei per paura di perderti”.
Grande Poeta, meraviglioso ed insano testimone di un’epoca, vessillifero di una problematica filosofica con percorsi ad imbuto ed in discesa folle, purtroppo coinvolgente, tragica ed irreversibile.
Ha pagato di tasca propria: un Grande Poeta, sì, ma non un maestro di vita.
Jim Morrison, “The Lizard King“, cioè il Re che poteva fare ogni cosa” è morto a Parigi il 3 luglio 1971 in una vasca da bagno, annegato perchè incosciente durante un trip a base di eroina (?) ed alcool, in un appartamento in affitto con la compagna Pamela Courson, eroinomane, all’indirizzo Rue Beautreillis, 17, III° piano, IV° arrondissement.
I giovani si erano recati a Parigi il 17 aprile ’71 per una vacanza, mentre negli USA i compagni del gruppo stavano organizzando l’uscita dell’ultimo L.P. “L.A. Woman”.
“Pam” era amante anche di un famoso spacciatore, Jean de Bréteuil, detto le Comte, deceduto nell’ottobre seguente in Marocco, a Tangeri, per overdose.
Autopsia non eseguita, diagnosi ufficiale di morte: “arresto cardiaco per infarto del miocardio“.
C’è anche una inquietante versione sulla morte dell’Artista: deceduto nel bagno del Rock’n Roll Circus per un’overdose e quindi, per non compromettere i proprietari del locale, trasportato nel vicino appartamento dai pushers stessi: qui la
messa in scena del decesso.
La verità? Nascosta ancora da opportunismi economici e di facciata.
Dal 7 luglio ’71, alle h. 08.30, riposa in una tomba in pietra nel cimitero parigino di Père Lachaise, XX° arrondissement (circoscrizione), visitato il mese prima. Le sue parole: vorrò essere sepolto qui…
La sua compagna Pamela morirà a Los Angeles il 25 aprile 1974, anche lei a 27 anni, per overdose.
jim…non era solo un poeta..quel poeta maledetto, ma il nostro maestro di vita…colui k ha cercato di gridare al mondo veri ideali..di aprire le porte della mente….lui era..è …e sarà sempre un mito…vive ancora nel ricordo di ki lo ama….
Carissima ed appassionata Violetta, sono d’accordo con te sul Poeta, su quel Poeta maledetto, sul portavoce di disagi e problematiche nuove e “sommessamente” urlate al mondo dei giovani e degli anziani giusti e consapevoli; sono con te anche sul mito, visto che vive e palpita nella mente e nel cuore di tanti a distanza di tanti anni, oggi 40, appunto. Ma perchè per dare “dritte” socialmente e storicamente appropriate ci si deve vestire il cervello con un pesantissimo abito “artificiale”? Questo carico, invece di aprire le “DOORS” della percezione, le altera, così come rischia di inquinare la spontaneità e la profondità del messaggio. Concludo, Amica, dissentendo anche sul “Maestro di vita”, perchè la fragilità porta ad essere inermi contro la forza che richiede il confronto, il messaggio prodotto dalle droghe rischia di apparire forzoso e puerile. Sono contento che Jim non si sia dovuto cimentare nell’educazione di un figlio, problema grosso che ci porterebbe lontano.
Ho voluto e voglio bene a Jim, del resto nel mio blog più articoli parlano di lui, grande interprete e vessillifero sensibile dei problemi dei giovani, ma non lo definisco nè un educatore nè un “Maestro”: e questo forse non era nemmeno nei suoi intenti. Ti saluto con affetto, daddy.