Dopo lo splendido articolo sull’Invecchiamento cerebrale, un supplemento sul problema della memoria del caro Amico e Collega Dr. Maddestra.
DEFINIZIONE di MEMORIA
La memoria può essere considerata come il meccanismo che permette di fissare, conservare e rievocare esperienze ed informazioni acquisite dall’ambiente, interno ed esterno, o derivate anche dal pensiero e dalle emozioni. La memoria è la capacità di conservare tracce della propria esperienza passata e di servirsene per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri. La memoria è quindi una funzione fondamentale della mente umana, senza il suo coinvolgimento non potrebbero operare con successo le funzioni psichiche superiori, come la percezione, il riconoscimento, il linguaggio, la pianificazione, la soluzione di problemi o il prendere decisioni.
ANATOMO-FISIOLOGIA DELLA MEMORIA
Il processo mnesico è l’espressione non di un singolo sistema unitario, ma piuttosto di una interazione di molteplici sistemi che modulano le varie fasi del processo stesso (registrazione, immagazzinamento e rievocazione delle informazioni). I sistemi coinvolti sono in diverse regioni corticali e sottocorticali. Un’informazione in arrivo non viene semplicemente trattenuta o dimenticata, ma elaborata. Tutti gli impulsi che pervengono all’individuo tramite le percezioni derivanti dagli organi di senso, circolano immediatamente nel cervello sotto forma di impulsi elettrici e, dopo dieci o venti secondi, si perdono. Se non c’è alcun interesse o se le informazioni si possono ricollegare ad associazioni già presenti, queste percezioni passano, etichettate come
“non interessanti per un ulteriore immagazzinamento”
e quindi respinte già a livello di memoria immediata.
La mancanza di interesse e l’impossibilità di stabilire delle associazioni, oppure la contemporaneità di percezioni distraenti (ad esempio, il dolore), portano alla dispersione dell’informazione elettrica originaria, senza che essa venga consolidata nella memoria. Quando siamo di fronte ad avvenimenti considerati “interessanti” e/o con un’intensa coloritura emotiva, l’informazione viene immagazzinata per essere eventualmente rievocata in un momento successivo.
I processi di apprendimento e di memorizzazione si possono riassumere in quattro fasi:
acquisizione ed
immagazzinamento della memoria a breve termine,
consolidamento in engrammi (termine utilizzato per indicare una “traccia mnesica”) a lungo termine,
richiamo delle informazioni acquisite.
Il ricordo che potrà essere presente per una vita intera dovrà essere sostenuto da modificazioni durature; i ricordi che perdurano a lungo vengono conservati nel cervello mediante il rafforzamento delle connessioni (o sinapsi) fra i neuroni. La memoria implica così un cambiamento più o meno duraturo del rapporto sinaptico tra i neuroni, sia attraverso una modificazione strutturale che biochimica. I neuroni devono attivare la sintesi di nuove proteine per poter immagazzinare la memoria a lungo termine e rafforzare le sinapsi, ma il meccanismo con il quale essi svolgono questo compito è ancora, in gran parte, sconosciuto. La crescita dendritica aumenta quando si apprende qualcosa. I processi cerebrali responsabili dell’immagazzinamento e dell’elaborazione dei ricordi sono simili a quelli dell’informazione genetica: la traccia è costituita da acidi ribonucleici (RNA) su cui si raggruppano diversi aminoacidi nell’ordine prescritto. Queste proteine vengono conservate ed immagazzinate acquistando il ruolo di un deposito inattivo di informazioni. Quando sono riattivate da certi segnali, possono stimolare come molecole di riconoscimento le rispettive cellule cerebrali ad emettere anche loro dei segnali. In tal modo le cellule cerebrali coinvolte possono essere richiamate da determinate percezioni: è questa la base per tutti i processi di pensiero e di memoria.
E’ da tenere in considerazione che la formazione e trasformazione del ricordo sono determinati dal fattore tempo e che i ricordi stessi assumano aspetti peculiari in relazione alla sfera emotiva e all’attività della coscienza. Inoltre, rilevante è il modo in cui viene organizzato il materiale mnesico, solo se ben codificato e classificato sarà possibile conservare una stabile capacità di recupero nel tempo, tale da poter consentire il riconoscimento (l’identificazione, in un’esperienza successiva, di uno stimolo precedentemente esperito, come quando un oggetto, una persona o una situazione ci appaiono familiari o «già visti») e la reintegrazione (capacità di localizzare spazialmente e temporalmente nel proprio passato l’evento ricordato) dei ricordi.
MEDIATORI DELLA MEMORIA
I sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti nei processi mnesici sono numerosi e comprendono la noradrenalina (ruolo fondamentale nell’attività cardio-vascolare, ma anche nell’aumento dell’appetito), la dopamina, la serotonina, l’acetilcolina e i neuropeptidi. L’attività del sistema noradrenergico è correlata allo stato di vigilanza e quindi influenza in modo indiretto i processi di apprendimento e di memorizzazione. Il sistema dopaminergico, attraverso la via mesolimbico-corticale, svolge quindi un ruolo nel controllo dei processi di apprendimento. Le proiezioni colinergiche facilitano l’elaborazione corticale degli stimoli modulando le interazioni tra sistema serotoninergico e noradrenergico. I neuropeptidi (peptidi per i quali è stata dimostrata presenza o funzione all’interno del sistema nervoso) agiscono provocando modificazioni rapide sulle membrane neuronali. L’ACTH avrebbe un effetto stimolante sulla memoria a breve termine influenzando le capacità di prestazione, attenzione, vigilanza e apprendimento. La vasopressina facilita il consolidamento dei ricordi, migliora il richiamo dei dati memorizzati, la concentrazione e l’attenzione e partecipa alla memoria dei comportamenti acquisiti ritardando l’estinzione dei comportamenti appresi. L’ossitocina, invece la accelera, facilitando l’estinzione di comportamenti appresi. La Sostanza P nell’ipotalamo laterale stimola i processi di apprendimento e di memoria, nell’amigdala li riduce. La memoria, inoltre, è legata alla plasticità cerebrale per la quale si è in un continuo stato di equilibrio legato al bilanciamento fra fasi di crescita e di non crescita, induzione di geni e repressione di geni. I fattori di crescita e di differenziazione sono quindi indispensabili per mantenere l’attività del sistema; tra i fattori di crescita, denominati anche neurotrofine, il più conosciuto è il fattore di crescita neuronale (NGF, nerve growth factor).
SEDI DELLA MEMORIA
Uno dei problemi più affascinanti della moderna biologia riguarda i meccanismi molecolari alla base dell’acquisizione, dell’elaborazione e dell’immagazzinamento dell’informazione nel cervello dell’uomo. I processi di memorizzazione a lungo termine riconoscono a livello cerebrale aree e circuiti abbastanza ben definiti. In particolare la memoria, archiviata nelle cortecce associative, poggia su un insieme di strutture diencefalico-temporali appartenenti al sistema limbico (il giro del cingolo, l’amigdala, l’ippocampo e le cortecce para-ippocampali). All’interno di tale sistema la codificazione dell’informazione avviene attraverso strette connessioni sinaptiche coinvolgenti le diverse strutture. Gli stimoli esterni, percepiti a livello di cortecce sensitive primarie, vengono elaborati da aree corticali associative multimodali ed integrate in mappe neuronali. Tali aree corticali proiettano ad altre strutture corticali che a loro volta attivano strutture dell’ippocampo, realizzando un sistema di convergenza dell’informazione. Lungo tutto il percorso si verificheranno delle modificazioni sinaptiche che determinano il formarsi di sinapsi forti o il selezionarsi di un circuito. Un singolo neurone può appartenere contemporaneamente a differenti gruppi assemblati di neuroni e, a seconda delle circostanze e dei segnali in arrivo, attivarsi in un gruppo o in un altro. La possibilità di scarica neurale è incrementata dalla forza e dalla ripetitività della stimolazione in arrivo cosicché si possono formare delle connessioni preferenziali, o facilitate. La traccia mnesica (engramma) è da considerarsi distribuita, nel senso che non esiste un centro unico di memoria, in quanto molti distretti del sistema nervoso partecipano all’immagazzinamento di una determinata informazione ma nello stesso tempo l’engramma può considerarsi localizzato, in quanto solo determinate strutture sono implicate nella codificazione mnesica di un certo evento. Si possono ipotizzare, inoltre, graduali reclutamenti e continue riorganizzazioni di sistemi neuronali per opera sia di attività endogena che di attività esterna tradotta dai sistemi sensoriali. Il consolidamento consisterebbe in un processo di graduale connessione funzionale delle diverse aree che complessivamente contengono la rappresentazione dell’evento. I gangli della base e le connessioni cortico-striatali hanno invece un importante ruolo funzionale nell’acquisizione e nell’immagazzinamento dei contenuti procedurali così come la corteccia ed i nuclei cerebellari. Le cortecce prefrontali esercitano una funzione di controllo nella codificazione e soprattutto nel richiamo dei ricordi: consentono di mettere ordine, categorizzare, selezionare, ristabilire il giusto valore nella memoria, guidando il richiamo fino in fondo o censurando alcuni ricordi parziali a favore di altri.
TIPI DI MEMORIA
Va distinta una memoria a lungo da un’altra a breve termine.
La memoria a breve termine, di capacità ristretta, è quella in cui accedono ricordi fedeli, ma di durata brevissima, inferiore ad un minuto; la memoria a lungo termine, di capacità e durata praticamente illimitate, sottende a tutte le nostre conoscenze, innate ed acquisite. Esistono, perciò, due meccanismi di immagazzinamento delle informazioni che, in entrata, si colloca nella memoria a breve termine dove è soggetta a una rapida dissoluzione se non corroborata e integrata nella memoria a lungo termine.
Nella memoria a lungo termine l’oblio non è determinato da rapido deterioramento come nella memoria a breve termine, ma dall’incompletezza dei richiami necessari alla sua identificazione. Nella memoria a breve termine l’oblio è determinato dal fatto che stimoli successivi hanno espulso l’informazione che non ha potuto essere restaurata dalla ripetizione di mantenimento.
I meccanismi che favoriscono il passaggio dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine sono:
l’attenzione che, se in generale favorisce la memoria, talvolta la inibisce, come quando pensare a ciò che è stato detto impedisce di fare attenzione a ciò che si sta dicendo, e
l’elaborazione concettuale che associa le informazioni in entrata a conoscenze già acquisite, migliorando il successivo recupero dell’informazione.
La memoria a lungo termine può essere divisa in due sottotipi: la memoria dichiarativa e la memoria procedurale.
La memoria dichiarativa o esplicita comprende la memoria dei fatti (o semantica) e degli eventi (o episodica). La prima si riferisce a conoscenze generali, condivise da vasti gruppi di persone e sostanzialmente decontestualizzate, corrisponde quindi alle nostre conoscenze “enciclopediche”, la seconda è invece fortemente legata al contesto (chi, dove, come, quando), ha una forte componente di soggettività e trova la sua espressione più tipica nella memoria autobiografica. È importante notare che mentre la memoria semantica può essere espressa attraverso affermazioni, nomi, definizioni o brevi frasi, la memoria episodica possiede intrinsecamente una componente sostanzialmente narrativa. La memoria episodica è il ricordo di qualcosa senza alcun riferimento circostanziato al proprio passato. La memoria semantica è gradualmente influenzata dai processi educativi, iniziando con la conoscenza percettiva del mondo fisico intorno a noi, arrivando ad includere il linguaggio, la nostra conoscenza della società fino a tutte le informazioni specialistiche dettagliate che acquisiamo nell’ambito dei nostri rapporti individuali o professionali.
La memoria procedurale o implicitanon è direttamente accessibile alla coscienza e non può essere descritta “a parole” in termini di
fatti, dati specifici ed eventi ben localizzati nel tempo e nello spazio. È la memoria che si forma in modo automatico ed ampiamente inconscio tramite pratiche motorie o percettive ripetute molte volte. La memoria implicita fa riferimento ad abilità motorie come danzare, praticare uno sport, suonare uno strumento musicale o semplicemente guidare l’auto che – pur apprese coscientemente e con esercizio ripetuto – vengono effettuate in modo automatico. La memoria implicita è quella di cui si servono i riflessi condizionati, quella “emotiva” per cui il soggetto senza consapevolezza attribuisce ad un evento scatenante un significato ansiogeno o terrifico perché nella sua mente è connesso a situazioni, suoni o immagini in grado di scatenare reazioni emotive quali ansia o paura.
Una particolare memoria, quella di lavoro (working memory), si pone tra la memoria a breve e quella a lungo termine. Questo tipo di memoria trattiene “a fuoco” le informazioni per un tempo molto breve, dell’ordine di secondi, per consentire che esse siano analizzate, processate e confrontate da altri circuiti cerebrali: una sorta di taccuino della mente da utilizzare per la formazione di concetti ed in ultima analisi per pensare.
Dr. Maurizio Maddestra, Neurologo
Dirigente Medico II° livello
U.O.C. Neurologia
O.C. “Renzetti”, Lanciano (Ch).
Grazie Maurizio per questo ulteriore contributo: prezioso, chiaro e preciso. Un argomento complesso ed estremamente interessante che integra una componente della problematica dell’invecchiamento cerebrale, tuo precedente articolo pubblicato nel luglio 2011. Nonostante il lavoro istituzionale, il caldo ed altro sei riuscito ad accontentarmi. Te ne sono grato.
Posso dire ancora “alla prossima”? Non ne ho il coraggio!