Nell’interpretazione dei dati clinici, normalmente siamo abituati a correlare l’aumento delle gamma-GT a livello sierico ad una ostruzione dei dotti biliari o all’assunzione di alcool o di alcuni farmaci.
Non siamo invece abituati a valutare il danno che l’aumento di tale enzima induce all’apparato vascolare: studi italiani recenti hanno evidenziato il meccanismo che lega le gamma-GT al danno cardiovascolare.
L’enzima sarebbe responsabile della produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) a livello extracellulare esercitando un’azione lesiva mentre svolgerebbe un effetto protettivo a livello intracellulare.
Si è inoltre notato che, all’interno della placca aterosclerotica le gamma-GT catalizzerebbero l’ossidazione delle LDL contribuendo in tal modo all’evoluzione della placca stessa ed alla sua conseguente rottura.
Vediamo adesso più in particolare la produzione di ioni superossidi che provocano un danno a livello arterioso. I radicali liberi dell’ossigeno provocano:
perossidazione lipidica quindi danno delle membrane cellulari;
ossidazione proteica con inattivazione degli enzimi e ripercussioni sulla regolarità del funzionamento cellulare;
lesione degli acidi nucleici con alterazioni cromosomiche.
Vediamo adesso come l’ossidazione delle LDL influenza il processo aterosclerotico.
Gli eventi iniziali nella formazione dell’aterosclerosi (aterogenesi) vanno identificati nel danno dell’endotelio (danno funzionale o disfunzione endoteliale) e nell’accumulo e successiva modificazione (aggregazione, ossidazione e/o glicosilazione) delle lipoproteine a
bassa densità (LDL) nell’intima delle arterie, due eventi che si influenzano a vicenda.
L’accumulo delle LDL è dovuto non solo all’aumento della permeabilità dell’endotelio funzionalmente o anatomicamente danneggiato, ma anche al loro legarsi ai costituenti della matrice extracellulare dell’intima, legame che aumenta il tempo di resistenza in loco delle lipoproteine. Un fattore importante che causa un aumento della matrice connettivale intimale (ispessimento dell’intima) è rappresentato dall’attrito della corrente sanguigna sulla superficie vasale (stress emodinamico), che è particolarmente accentuato in corrispondenza delle ramificazioni e delle curvature dei vasi, sedi particolarmente predisposte allo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche.
La disfunzione/attivazione endoteliale ad opera dei fattori di rischio cardiovascolare, è seguita dall’adesione e migrazione di monociti e linfociti T nell’intima in risposta alla espressione sulla superficie endoteliale di molecole adesive (Selettine, VCAM-1, ICAM-1) ai segnali chemiotattici (MCP-1) emessi dall’endotelio danneggiato.
I macrofagi fagocitano le lipoproteine infiltrate ed ossidate nell’intima e si trasformano nelle cellule schiumose, che caratterizzano le strie lipidiche (fatty streaks). La secrezione di citochine e di fattori di crescita, principalmente di derivazione macrofagica, induce la migrazione delle cellule muscolari lisce dalla media nell’intima, dove proliferano, si differenziano nel fenotipo “sintetico” e sintetizzano
matrice extracellulare, determinando la trasformazione delle fatty streak nelle lesioni avanzate. Alla crescita delle lesioni può contribuire l’adesione di piastrine all’intima denudata e il formarsi di trombi intramurali, conseguenti alla erosione/ulcerazione delle placche aterosclerotiche.
Quindi, nella patogenesi dell’aterosclerosi intervengono l’endotelio, i leucociti, le cellule muscolari lisce e le piastrine e rivestono un ruolo fondamentale l’infiltrazione lipidica della parete arteriosa e l’azione meccanica del flusso sanguigno sulle pareti dell’arteria.
Questa teoria unificata dell’aterosclerosi è il frutto di una lunga serie di teorie patogenetiche, ciascuna delle quali ha di volta in volta posto l’attenzione su l’uno o l’altro dei molteplici fattori patogenetici, a cominciare dalle teorie della “insudazione” (Virchow, 1856, Anichkov e Chalatov, 1913) e della “incrostazione” (Rokitansky, 1842 e Duguid,1946) fino ad arrivare alle più recenti teorie della “risposta alla lesione endoteliale” di Ross e Glomset (1973 e 1986) o della “risposta alla ritenzione” di K. J. Williams e I. Tabas (1995), nella quale viene attribuita maggiore importanza come fenomeno iniziale delle lesioni all’intrappolamento delle LDL nell’intima, piuttosto che ad un iniziale danno endoteliale.
Il ruolo fondamentale nello sviluppo della reazione infiammatoria cronica dell’intima è svolto dalla ossidazione delle LDL, che restano intrappolate nella matrice extracellulare dello spazio subendoteliale. L’ossidazione delle LDL è dovuta ad enzimi e metaboliti ossidanti prodotti dalle cellule della parete arteriosa, soprattutto dai monociti-macrofagi (istiociti) reclutati nell’intima in conseguenza del danno endoteliale a varia eziologia.
Inizialmente, si ha la perossidazione della componente lipidica delle LDL, che interferisce scarsamente sull’interazione delle LDL con il recettore ApoB-E (o LDL-R); tali MM-LDL (LDL minimamente ossidate) sono “cavalli di Troia” (D.P. Hajjar: Journal of Biological Chemistry 1997, 272, 22975) fisicamente simili alle LDL, ma con un carico di macromolecole bioattive, che viene introdotto nella cellula con la endocitosi delle MM-LDL.
Nelle fasi successive, si generano prodotti dei lipidi perossidati e prodotti aldeidici (melondialdeide, MDA; 4-idrossinonenale), che possono modificare covalentemente la componente proteica delle LDL; queste Ox-LDL “sabotatori cellulari” non vengono più riconosciute da LDL-R, ma si legano agli “scavenger receptors” (SR: SR-A, CD36 e CD68). Poiché gli SR non sono soggetti a regolazione a feedback negativo, le Ox-LDL non solo introducono nelle cellule che le fagocitano macromolecole attive, ma in aggiunta causano l’accumulo intracellulare di esteri del colesterolo, responsabile della trasformazione in cellule schiumose (foam cells), caratteristiche del tessuto aterosclerotico.
L’interazione con i corrispondenti recettori LDL-R e SR, e la conseguente generazione di messaggeri intracellulari, in particolare i radicali liberi dell’ossigeno e l’introduzione nella cellula di prodotti ossidati, sono la base biochimica dell’azione patogena delle LDL. Le Ox-LDL attivano nelle cellule (endotelio, macrofagi, cellule muscolari lisce), alcuni fattori di trascrizione (es. NF- kB), che inducono l’espressione di geni che codificano per molecole adesive, citochine e fattori di crescita e che danno l’avvio alla risposta infiammatoria.
Ad esempio, nell’endotelio, i geni per le molecole adesive ICAM-1; VCAM-1 e E-selettina per il fattore chemiotattico MCP-1 e per il Fattore Tessutale sono sotto il controllo del fattore di trascrizione redox-sensibile NF-kB. Kume N. nel 1991 ha suggerito che le cellule endoteliali assorbono le OX-LDL attraverso una via recettoriale che non coinvolge gli scavenger receptors. Sawamura T. ed ancora Kume ed altri nel 1997 hanno identificato il primo recettore delle cellule endoteliali per le Ox-LDL, che è stato denominato LOX-1 (lectin-like Ox-LDL receptor 1).
Gli studi sperimentali hanno attestato che le LDL ossidate possiedono numerose attività biologiche sulle cellule della parete arteriosa, inclusa un’azione citotossica diretta e un’azione mitogena su cellule muscolari lisce, macrofagi, fibroblasti e cellule endoteliali. Nell’endotelio inducono l’espressione di molecole adesive per i leucociti; stimolano la produzione di sostanze chemiotattiche (che in parte rimangono legate alla superficie endoteliale e in parte sono liberate nel subendotelio) e favoriscono la sintesi di fattori di crescita per i monociti/macrofagi e per le cellule muscolari lisce; stimolano la sintesi di PAI-1 (plasminogen activator inhibitor-1) e di fattore tessutale, promuovendo la coagulazione; stimolano la produzione di endotelina e inibiscono quella di NO, inibendo la vasodilatazione endotelio-dipendente. Sui macrofagi esercitano un effetto chemiotattico diretto; determinano la trasformazione in cellule schiumose, stimolano la produzione di citochine , fattori di crescita e metalloproteasi. Nelle cellule muscolari lisce inducono la sintesi di MCP-1, Infine le LDL ossidate attivano le piastrine e ne provocano l’aggregazione.
Dr. Levino Tosti
Specialista in Patologia Clinica
U.O.C. Patologia Clinica
Ospedale Civico “Renzetti”, Lanciano (Ch).
Un profondo grazie per il tuo splendido contributo, Levino.
Quanto è brutta l’ignoranza! Anch’io facevo parte del forse nutrito gruppo “orfano” di informazioni sulle deleterie azioni delle GGT extra-cellulari a livello vascolare ed il ruolo delle “cattive” LDL così particolarmente descritto nelle implicazioni del meccanismo aterogenetico. Articolo chiaro, didattico ma anche molto tecnico nel versante biochimico.
Tiriamo quindi “su le antenne” in quei Pazienti con alte GGT ed LDL, che non sono pochi, per incentivare uno stile di vita idoneo ed un controllo attento con il MMG.
Ti abbraccio contento di averti rubato un bel po’ di tempo!
Come vedi l’età rende anche un po’ prepotenti.
Buon lavoro, stefano-daddy.