E’ la bellezza che salva il mondo. Essa è l’ombra di Dio sulla terra.
Siamo un puntino nell’universo immenso. Ma sappiamo di esserlo. Siamo un frammento di tempo e noi battiamo alla porta dell’Eterno. Siamo un’oncia di spazio e noi battiamo alla porta dell’Infinito.
La chiave che spalanca l’una e l’altra porta è la Bellezza che si rivela nelle forme dell’Arte con la varietà del suo
linguaggio: la Poesia, la Musica, la Pittura, la Scultura.
Le quattro Vestali tengono in custodia le “scintille divine” nell’anima umana per farle scoccare al fine di generare il fuoco che arde, che avvampa ma senza consumarsi.
Avvertiamo tutti la sofferenza del limite e subito dopo, l’insofferenza al limite, al fine di superarlo.
E’ l’Arte che ci rende capaci di rimuovere la “siepe” (L’infinito, di leopardiana memoria), per rimirare aldilà di quella,
“interminati spazi e sovrumani silenzi... ove per poco il cor non si spaura“.
E se il cuore si spaura è solo perchè ci corrono addosso brividi di tenerezza adorante.
La bellezza dell’Arte è la sfida all’impossibile: squarcia, con i suoi occhi di fulmine, la spessa cortina dell’Invisibile e lo rende visibile. L’Arte non descrive, ma rivela. Essa ha il grande compito di far risplendere la verità della mente che è il pensiero (il logos); la verità del cuore, che è l’amore (il pathos) e la verità dello spirito che è l’etica, (l’ ethos).
E’ la Bellezza dell’Amore che brucia il Male con l’ardore della sua fiamma. Ed è anche fonte di Conoscenza. Una conoscenza anch’essa raggiunta per ardore. Fa esistere le verità più grandi per incanto di parola, per grazia di immagini, per miracolo di suoni e di colori. Ci affranca perfino dalla paura, che è nemica della vita, nemica della libertà.
I Santi vincono la morte con la Santità, gli Artisti cercano di vincerla con la Bellezza.
La Bellezza. Cos’è la Bellezza? Papa Benedetto XVI° (Joseph Aloisius Ratzinger, Marktl, Baviera, 16.04.1927) ha dato una risposta davvero pertinente.:
“è il dardo di luce che ti ferisce l’anima e la fa sanguinare”.
E ne esce fuori il succo dolcissimo dello stupore. Io mi stupisco: dunque non solo esisto, ma vivo e vivo in pienezza di gioia.
Una “toccata e fuga” è ogni opera d’Arte e non soltanto uno splendido spartito di Johann Sebastian Bach ((Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750).
La bellezza dell’Arte ti tocca l’anima, la ferisce e … l’anima, dissaldando il cerchio dell’immanenza, si mette in fuga verso l’Eterno, verso l’Infinito.
L’Arte è il recupero della totalità nell’armonia delle parti.
E’ indice di Trascendenza.
Cifra del mistero.
Fa gustare il presente e fa sognare il futuro.
Non si limita a dilettare gli occhi; fa molto di più: dilata gli spazi dell’Anima.
“Educa, consola, innalza” (Francesco Messina, Linguaglossa, Ct, 15 dicembre 1900 – Milano, 13 settembre 1995, grande scultore italiano).
“Tutte le Immagini portano iscritto più in là, più oltre. “Lo stesso pensare è OLTREPASSARE” (Ernest Bloch, (Ludwigshafen, 8 luglio 1885 – Tubinga, 4 agosto 1977).
Ogni Uomo è teotropico: orientato verso Dio per naturale inclinazione. Ma l’Artista di razza, non di strapazzo, è teopatico: ha la passione per Dio, per ciò che è infinito, eterno. Non gli basta il “qui”. Cerca l’altrove“. Non gli basta l'”adesso” ora, ma cerca l'”allora“. Gli Artisti, credenti oppure no, quando mettono il loro genio al servizio della “dignitas” della persona umana superano le viete distinzioni tra sacro e profano.
L’opera d’Arte, con qualsiasi linguaggio si esprima, diventa, al dire di Fabrizio De Andrè (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999), una
“smisurata preghiera”. Raggiunge Dio più velocemente di un atto religioso.
“Io non credevo”,
confessa Emil Cioran (Răşinari, Romania, 8 aprile 1911 – Parigi, 20 giugno 1995), scrittore, pensatore, critico,
“è stata la Musica di J. S. Bach che mi ha fatto trovare Dio. Ho detto a me stesso: una musica così sublime ne esige l’esistenza. DIO DEVE PER FORZA ESISTERE se ha inspirato in un essere umano tanta potenza e perfezione. O è la Musica ad aver generato Dio? E’ una domanda, soltanto una domanda. Ma voi filosofi quando riuscirete ad accettare che non sempre il vostro raziocinare porta alla scoperta della verità? E’ la via della Bellezza che
porta infallibilmente a Dio”.
Pensate: la Bellezza come corsia preferenziale per raggiungere Dio.
Ad Henry E. B. Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954), pittore di altissimo spicco, fu chiesto:
“ma come fai a dipingere, ad esempio, un fiore?”.
E Matisse, laico, rispose:
“prima lo guardo, lo osservo, chiudo gli occhi e poi dipingo quello che mi è rimasto nella mente, ma … rimanendo sottomesso a Qualcuno che, tramite la mia mano, opera meraviglie”.
L’Arte non è spavalda, esige umiltà. Tu puoi “sentire” Dio, senza però “sentirti” Dio.
Basta il verso di un Poeta per rendere più vasto l’Universo, così come basta un gesto di gratuità per rinnovare il mondo devastato dalla logica del Mercante.
Coglieva nel segno Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 18/19 luglio 1374) quando diceva che
“la poesia in quanto vera poesia è sempre Sacra Scrittura”.
Giuseppe Ungaretti, poeta, (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) poteva dichiarare nel 1932: “oggi un poeta può risolutamente affermare che la poesia è testimonianza di Dio anche quando sembra una bestemmia… La poesia è il cuore del cuore della realtà, una categoria dell’Anima. Dice estasi, ebbrezza, vertigine”.
E’ la filosofia della vita espressa con il Mito, con il Simbolo, con l’Immagine. Nasce per grazia e per fascino di parola e … con la passione di unire il Sogno ed il Segno, il Finito e l’Infinito, la Materia e lo Spirito, Dio e l’Uomo, il Pensiero e il Sentimento, Fede e Ragione. Unisce all’altezza del cuore, non della mente. E’ slancio conoscitivo: scavalcando la ragione raggiunge quegli spazi impensabili per Scienziati e Filosofi. Anche per questo le sue parole hanno quel predicato: “alate“.
A che serve l’Arte, a che serve la Poesia? Servono per amare l’esistenza delle persone e delle cose più delle persone e delle cose colte in sè stesse. C’è un solo modo per far morire la società: far morire la Poesia.
Un pastore islamico, Garzoli (del XII° secolo) racconta che quando gli angeli scesero la prima volta sulla terra vi lasciarono la “scala” di Dio, che porta dritto dritto al cielo. La lasciarono volutamente.
Il Cardinale Hans Urs von Balthasar (Lucerna, Svizzera il 12 agosto 1905 – Roma, 26.06.1988) ed Elie (Eliezer) Wiesel, (Romania, 30 settembre 1928) premio Nobel per la Pace del 1986, ravvisarono in essa la “scala musicale”. Gli angeli vollero lasciarla perche l’essere umano non fosse privato di un elemento così necessario come la musica. Si racconta anche che quando il primo uomo e la prima donna vennero cacciati dal Paradiso Terrestre, i Cherubini di guardia permisero loro di portar via con sè un vitigno, una tavolozza di colori, un verso dentro il cuore ed una nota musicale sulle labbra.
I colori e le note musicali sono figli e figlie della Luce. Sono creature vive, sono linguaggio. Si cercano, si rincorrono, si raggiungono, si abbracciano. Non sono fissate sul pentagramma e sulla tela nella “rigida immobilità del tempo sincronico”. Sono in movimento come la luce e non si sovrappongono, tanto meno si confondono: si compongono in sintesi armoniosa, nel segno della scansione del tempo diacronico. C’è la sinfonia delle note e c’è la “sinfonia dei colori”. L’una e l’altra sono celebrative della Bellezza, che altro non nè che
“il sommo numero, la somma proporzione, la somma armonia”
(Sant’Agostino, Tagaste, Algeria, il 13 novembre 354 – Ippona, Algeria, 28 agosto 430).
Non sono pochi quelli che continuano a dire che l’Arte, ogni Arte è puro ornamento, qualcosa di aggiuntivo per illustrare la realtà. Dovrebbero almeno arrossire per averlo soltanto pensato. Arrossire di vergogna. La Bellezza non sta nella “facciata”: sta alle radici dell’Essere. Nel concreto di un’opera d’Arte, rimanda sempre ad un “altrove” dove abita la “Bellezza Somma” verso la quale siamo tutti in marcia come “Pellegrini dell’Assoluto”, come “Ricognitori di Dio”. La Bellezza
“richiama sempre l’Uomo al suo destino” (Benedetto XVI°).
A Palazzo Vecchio in Firenze, nel Salone dei Cinquecento, il Cardinal G. Ravasi (Merate, Lc, 18 ottobre 1942) in occasione della tappa del “Cortile dei Gentili”, disse parole altissime:
“Dobbiamo riproporre la potenza della Bellezza… Ci porta ad andare oltre, verso orizzonti alti. E’ la via che apre al
Trascendente e ci salva da due mostri orrendi: la bruttezza sul piano estetico e la bruttura sul piano etico”.
Non è più una domanda quella che Dostoevskij pose sulle labbra del giovane Ippolit nella Sala del trono del Principe Myskin. E’ una affermazione categorica: è la Bellezza che salva il Mondo.
E la bruttezza e la bruttura? Sono la perdizione del Mondo.
Questa mia ulteriore riflessione non è una digressione svagata e neppure un’appendice al tema della Bellezza, ma ne è la splendida chiusa. Il riferimento è proprio a quella pagina dostoevskijana del romanzo “L’idiota“, stampata anche sul nastro della mia memoria a caratteri incancellabili. Beato che la scrisse. Ma ancoora più beati sono quelli che la leggono.
La scena è ambientata nella già ricordata Stanza del Trono del Principe Myskin, lì in Russia, “la Santa Rus” che, al dire di Rilke, aveva come confine il cielo prima ancora che entrasse nella sua “anima grande” il comunismo leninista-staliniano come un corpo del tutto estraneo. La sala è gremita di convitati. E’ il giovane Ippolit, malato di tubercolosi, che si rivolge al Principe dicendo:
“hai detto che la Bellezza salverà il mondo”.
Poi si rivolge ai convitati:
“Signori, Il Principe ha detto che il mondo sarà salvato della Bellezza, ed egli ha ragione. Ha delle idee giocose e gioiose perchè è un fervente cristiano”.
E di nuovo al Principe:
“Principe, ma qual’è la Bellezza che salverà il mondo”?
In quel momento Ippolit stramazza a terra colpito da un grave malore (emottisi). Il Principe scatta in piedi, lascia il trono, accorre, si china fino a toccare terra, soccorre. C’è un silenzio profondo nella Sala. Tutti capiscono qual’è la Bellezza
che salva il mondo:
è quella che si china sul dolore nel segno dell’Amore.
“Deve essere divino chi lenisce il dolore”,
affermava categoricamente il medico Ippocrate (Coo o Kos, isola dell’Egeo orientale, 460 a.C. – Larissa, Grecia centro-orientale 377(?) ). Sì è vero: deve avere dentro l’anima tante scintille di divinità. Se nella civiltà Greca il concetto di Bellezza è collegato con l’amore-eros, nella civiltà cristiana è collegato con l’Amore-Agàpe. L’amore-eros è il raffinato pregustamento dell’estasi di amore, ma quello inteso anche e soprattutto, come “AGAPE” è il dono di sè agli altri fino all’ultima goccia di luce, fino all’ultima stilla di sangue, fino all’ultima oncia di forza residua, fino all’ultimo respiro. La bellezza si rivela nel suo fulgore nella cifra dell’amore sponsale, oblativo.
E’ bello, sconfinatamente bello il volto di Gesù trasfigurato sulla cima del Monte Tabor. Ma è ancora più sconfinatamente bello quando ci si mostra “sfigurato” sulla cima di un altro monte: il Calvario.
E’ nel SEGNO dell’INFINITO DOLORE che si RIVELA il VOLTO dell’INFINITO AMORE. E’ la sofferenza accettata per gli altri che brucia e consuma la bruttezza e la bruttura con la vivida fiamma dell’amore e sa poi trarre perfino dal male la seducente fioritura del bene. Il fiore può spuntare aprendo la sua splendida corolla anche là dove c’era una montagna di rifiuti.
Don Michelino Di Lorenzo,
Lanciano, ottobre 2013.
Carissimo Don Michelino, ho fatto proprio bene a coinvolgerti in questo mio percorso di studio e di condivisione. La tua eccezionale sensibilità e cultura accrescono il significato della bellezzo con questi tuoi due elementi: l’Arte e l’Amore che diventa Carità. E’ una gioia leggere e maturare i tuoi passi e poi viverli attraverso riflessioni mature resa più luminose dal tuo elegante ed efficace coinvolgimento. Grazie di cuore, e non solo da me, Stefano.
Mi piace caro Vincenzo, questo tuo amore per la verità: essa ha grande valenza in un periodo storico e sociale dove questo elemento spesso viene offeso, mascherato, ed “urlato” nell’intento di una goffa ma tragica faziosità. Tu che ami la fotografia, che vivi, che interpreti e che trasmetti mi fa ben capire quanto la verità sia “la tua Bellezza da condividere”. Grazie, un abbraccio, Stefano.
Grazie a te Vincenzo, per l’affetto e la stima che ricambio; sono sentimenti di grande spessore e “bellezza”. Con affetto, Stefano-daddy.