“La bellezza salverà il mondo” (Dostoevskij). E’ così?
E’ possibile che questa
“qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione” (Devoto – Oli)
sia la chiave per risolvere l’annoso dilemma della possibile deriva dell’umanità?
Intanto esprimo la mia opinione sul significato di “bellezza” e/o di cos’è la bellezza, oltre quello espresso nei vocabolari della lingua italiana.
La bellezza, riferita all’esteriorità, pur riservando ad ognuno la possibilità di scelta su diversi modelli, è “oggettiva” e non “soggettiva”.
Quantunque ci siano interpretazioni personalistiche per gli apprezzamenti e la valorizzazione di segni armonici che inducono ad avvicinare le nostre sensazioni alla desiderata perfezione, questi (segni) sono sicuramente delimitati e contenuti in una cerchia di possibilità che se non possono andare oltre la perfezione, non possono neanche scendere più in basso della spinta all’ammirazione. Così come, scendere oltre questa linea si entra nel campo della sempre più accentuata poca gradevolezza.
Un grosso giro di parole per esprimere una teoria che, per essere anche grezzamente più esplicito, prevede due custodie nelle quali sono contenuti valori di “piacevolezza” in una, e valori di “crescente avversione” nell’altra.
Insomma, dentro certi canoni comuni, il bello è bello; fuori da questi canoni si scema dal “sopportabile” al brutto.
Si potrebbe obiettare il fatto che sia la bellezza che la bruttezza abbiano una soggettività intrinseca, ma questo rientra in canoni che sono riconducibili alla “personale attrazione”, che è altra cosa.
Per gli aspetti meno tangibili (per niente tangibili) l’oggettività è ancora più certa ed incontrovertibile. La bellezza dell’anima; della propria coscienza; dei propri ideali; delle aspirazioni; del cuore; dell’amore; dell’amicizia; della fratellanza… e così via, non ha possibilità di essere fraintesa da personalismi o egoistici risvolti, ma è una legge universale che non ha né interpretazioni né possibilità di riforme. Quando uno di questi nobili sentimenti o valori, che sono alla base della migliore umanità, subiscono una declinazione anche parziale, non sono più esse e, quindi, non più riconducibili nell’alveo della “bellezza”.
In conclusione, la bellezza ha canoni specifici che possono anche appartenerci in singole manifestazioni, ma che se, per gli aspetti psichici e morali, trovano una convergenza verso un comune stato di sublimazione, danno ragione al principe “Miškin” che con “L’Idiota” , in questo senso, non aveva nulla a che fare.
Grazie Vittorio, splendide e dotte riflessioni altamente appropriate ed ovviamente personali, di grande levatura. Un abbraccio.